Le sorprendenti radici dell’antico ligure nei toponimi piemontesi

                                                                                               Roberto D’Amico

Fondata lungo le rive del torrente Sangone, Beinasco ha origini molto remote. Lapidi romane scoperte nel 1945 ne attestano l’esistenza nell’area d’influenza di Augusta Taurinorum. Il suo nome viene fatto risalire al personale romano “Batinius” con l’aggiunta del suffisso “asco”.
D’altro canto, Beinasco sorge proprio in mezzo ad altre due cittadine con uguale terminazione: Piossasco, a occidente, e Grugliasco, ad oriente.
Nei documenti più antichi Grugliasco viene indicato come “Gruglascum”, o “Curliascum” e l’ipotesi prevalente è che derivi anch’esso dal nome del legionario-colono romano “Currelius”, o “Correlius”, con l’aggiunta del suffisso "asco".
Come per i suoi vicini, si suppone che anche Piossasco debba il suo nome ad un patronimico romano cui venne aggiunto il solito suffisso a conferma della forte e radicata influenza delle antiche popolazioni Liguri che in queste terre si erano stabilite millenni prima.
Se è vero che Cesare Augusto, seguendo una collaudata usanza romana per accrescere il controllo militare e politico sui nuovi territori, affidò ai suoi veterani le campagne che circondavano Augusta Taurinorum e che molte di queste colonie familiari si trasformarono nel tempo in piccoli villaggi, sarebbe riduttivo non considerare la preesistente esistenza di insediamenti celto-liguri. Anche perché queste terre erano tutt’altro che disabitate. Un gran numero di piccoli centri rurali era disseminato sul territorio e di quelli i coloni romani si avvantaggiarono.

Prendendo in mano una cartina del Piemonte possiamo facilmente osservare come nella sua metà inferiore vi sia una grande concentrazione di toponimi che terminano in “asco” - “asca”.


Scendendo verso sud da Torino, troviamo Frossasco, Pinasca, Airasca, Buriasco, Osasco nel pinerolese; proseguendo verso Casalgrasso-Saluzzo, vi sono poi Lombriasco, Cercenasco, Cervignasco, Brossasco, Piasco, Venasca, Lagnasco, Vottignasco e ancora più giù Gambasca, Tarantasca, Cherasco, Bagnasco e Bossolasco.   
È evidente che non si tratta di semplici coincidenze.
Per altro, tutta la vasta area occupata dai Liguri, non solo i Piemonte, conserva la stessa caratteristica presenza di tali toponimi.  Così, tanto per fare alcuni esempi, possiamo trovare in Francia, Blauasasc, Périasc, Barmasc, Fontanasc, e in Corsica, Aragnasco, Venzolasca, Bagnasca e Palasca.
Sorprendentemente la terminazione ligure si è mantenuta nonostante il susseguente accavallarsi di latino, francese e italiano, testimoniando la grande forza di queste radici.
Per quanto riguarda il significato del suffisso “asc” esistono diverse interpretazioni. È stato variamente tradotto come ‘luogo di’, ‘popolo’ o ‘acqua’. La maggior parte degli studiosi è comunque concorde nel ritenere che esso fosse collegato alla presenza di acqua o, meglio, di un corso d’acqua.
Negli “Atti Della Società Ligure Di Storia Patria” - Volume XXX (Genova, Tipografia R. Istituto Sordo-Muti, MCM) troviamo molti riferimenti che portano ad avvalorare questa ipotesi: “… a tutti i luoghi in asco e in asca corrisponde un torrente: Borzonasca, Borlasca, Bogliasco, Avolasca, Langasco, Carasco, Vernasca o Vernazza nel Genovesato, Garlasco, Grignasco, Mornasco, Rovellasca, Rosasco, Salasco, Soriasco, Vernasca, Zinasco nel Tortonese e in Lombardia.”
Certamente rilevante per confermare questa interpretazione vi è poi l’eccezionale documento conservato nel Museo di Archeologia Ligure di Genova costituito dalla “Tavola bronzea di Polcevera” (o “tavola de' Genuati”) risalente al 117 a.C., dove vengono citati molti nomi di corsi d’acqua terminanti in “asca”, Neviasca, Vinelasca, Veragliasca e Tulelasca.


Non ci sorprenderà quindi scoprire che in Piemonte ci siano tantissimi torrenti, rii o rivi che conservano nel loro nome l’antico suffisso. Per citarne alcuni: Noasca, Quaragnasca, Tiasca, Ungiasca, Gambasca, Terzasca, Mainasca, Salasca, Pregliasca, Besasca, Germanasca, Cherasca, Isasca.
Nella "Carta del Piemonte antico" edita nel 1800 da Jacopo Durandi, la zona Dubbione-Pinasca è indicata come Diubiasca ed è indicato il villaggio di Lisiniascum sulle sponde della Stura, due nomi oggi scomparsi. È facile supporre che molti altri toponimi dei quali non ci è giunta traccia conservassero un tempo il suffisso ligure.


Alcuni studiosi ipotizzano che “asco” e “asca” fossero usati con significati diversi: “asco” per villaggi col senso di ‘luogo a valle’, ‘lungo il torrente’, e “asca” per ‘corso d’acqua’.
Nell’800 molti studiosi cercarono di ricostruire la storia dei Liguri, che tuttavia resta per molti versi sconosciuta. Permangono le due correnti di pensiero che li vorrebbero preindoeuropei (originari dall’Iberia) o indoeuropei provenienti dall’Oriente.
Quel che è certo è che, per quanto ci riguarda, intorno al 2500/2000 a.C. essi giunsero a più ondate via mare nella vasta regione compresa tra il fiume Varo (nell’odierna Francia) e il Magra, e che dalla costa risalirono poi nell’entroterra seguendo il corso dei fiumi e dei torrenti.
Estremamente interessante, a questo proposito, è il disegno eseguito dal pittore Quinto Cenni (1845-1917), di cui rimane un esemplare digitalizzato alla New York Public Library, che mostra un’ipotesi ricostruttiva dello stanziamento dei Liguri in Liguria e Piemonte. In esso si vede come essi fossero presenti solo al di sotto del fiume Po, cosa che avevamo già evidenziato guardando la cartina moderna, a conferma dell’antico confine territoriale dei Liguri.

È sorprendente vedere quante altre informazioni si possano ottenere osservando la localizzazione dei toponimi di probabile origine ligure sulle mappe. Ad esempio, si può notare come essi non sono sparsi in modo omogeneo sul territorio, ma distribuiti all’interno di una fascia che potremmo definire “pedemontana” compresa tra i 260 e i 650 metri di altitudine, al margine della grande pianura, ed è significativo il fatto che all’inizio di ogni valle alpina terminino tutti prima delle “Statio ad fines” romane che delimitavano il confine con la provincia della Gallia.

I Liguri sono stati determinanti per la costituzione del territorio piemontese così come oggi lo conosciamo. La storia delle loro migrazioni ha condizionato il futuro assetto della nostra regione in modo indelebile, tanto che neppure il flusso migratorio celtico del V-IV secolo a.C. né la conquista romana riuscirono a modificarlo.
Gli studi hanno ricostruito in modo sufficientemente certo quale fu la distribuzione delle varie tribù che sbarcarono sulle coste della Liguria, che proprio da loro ha preso il nome. I Genuati si stabilirono nell’insenatura dove sorse Genova. Gli Apuani fondarono Luni, Sestri Levante e Porto Venere nella riviera di Levante, gli Ingauni Vado e Albenga e gli Intemeli Ventimiglia e Monaco.
Nella loro espansione verso nord, gli Statielli popolarono le colline situate tra il Tanaro e il Bormida e fondarono Acqui; i Mantovani si diffusero nella zona tra il Bormida e lo Scrivia, mentre tra la destra del Po e il Tanaro andarono i Marici. La Lomellina fu popolata dai Levi dall’Agogna al Ticino e i Libici si stabilirono dall’Agogna al Sesia e a loro viene attribuita la fondazione di Vercelli.
Il novarese fu occupato dai Vertacomacori, che diedero vita a Novara, mentre Domodossola fu la capitale dei Leponti. I Salassi fondarono Aosta, i Segusini, stanziati tra l’Orco e la Dora, Susa, i Lancensi e gli Ocelensi occuparono le valli delle tre Sture e i Taurini, Torino.
Nell’odierno pinerolese si stanziarono i Vibelli, o Viboni, i Magelli e i Caburiati, da cui è derivato il nome di Cavour. La tribù dei Quariati, del gruppo dei Caturigi, fondò la primitiva Bricherasio, mentre il nome di Saluzzo viene fatto risalire alla tribù dei Salluvi, o Solluvii. Gli Epanteri popolarono la zona tra Brà e Carmagnola e gli Epuriati la valle del Tanaro, tra Asti e Alba. La regione tra il Tanaro e la Stura fu abitata dai Vagienni, o Bagienni, dei quali la città di Bene Vagienna porta ancora il nome, mentre i Dertonini occuparono Tortona e la zona della Valle Scrivia.

In conclusione, non posso non citare l’approfondito studio contenuto nel libro di Piero Riva “Ricerche sul suffisso – asco”, pubblicato a Frossasco nel 1964 dalla Casa editrice Stabilimento Tipografico Editoriale, che è un solido punto di riferimento per chiunque fosse interessato ad approfondire l’argomento.


Nota: articolo pubblicato su Civico20 la Rivista Online di Torino il 22 dicembre 2024

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