Il Cappello del Mago, dal divino al Carnevale
Roberto D'Amico
Il Cappello del Mago che conosciamo sin da bambini è
quello classico del Carnevale: un lungo cono di cartoncino o di stoffa, di
colore azzurro, decorato con figure di colore dorato o argentato di pianeti,
stelle, luna e segni zodiacali. Ritroviamo questo caratteristico berretto pure in racconti,
film e cartoni animati destinati per la maggior parte a bambini e ragazzi. Eppure,
il Cappello del Mago ha un’origine molto più seria.
Per molti
secoli l’immagine medievale di Magi, Saggi, Astrologi e Alchimisti fu caratterizzata
da cappelli di forma appuntita. Così troviamo raffigurati, tanto per fare due
esempi molto distanti tra loro, Ermete Trismegisto e Mago Merlino nelle tradizioni
che li riguardano.
In realtà
l’origine dei cappelli a punta viene da molto più lontano. Sin dall’antichità, in
culture ed epoche assai lontane tra loro, essi erano un attributo di dèi,
sacerdoti e sacerdotesse e venivano indossati durante cerimonie e riti
religioso-propiziatori.
Vi sono prove
che ne attestano l’uso a partire almeno dall’Età del Bronzo.
Avevano copricapi conici il cananeo Baal, dio della guerra (XIII-XII a.C.), il dio supremo fenicio El, i sacerdoti nuragici (V sec. a.C.), gli Aruspici etruschi (III-II sec. a.C.) e, in tempi più vicini a noi, il nordico dio della Fertilità Freyr.
Anche l’archeologia
ci fornisce interessanti spunti di considerazione.
Di forma
conica allungata sono, ad esempio, quattro cappelli in pelle ricoperti da una
lamina d’oro scoperti in Germania e in Francia. Sono reperti bellissimi,
stupefacenti e rari che risalgono all’età del Ferro, al periodo proto-celtico
compreso tra il 1400 e l’800 a.C.. Colpisce il fatto che, per quanto
appartengano ad epoche diverse, sono del tutto simili in termini di modello e fabbricazione. Recano
incisi intricati simboli astronomici che si pensa fossero
utilizzati per seguire il movimento degli astri e l’evoluzione dei cicli lunari
e solare al fine di fare previsioni per la semina e il raccolto.
Si ritiene che
questi straordinari strumenti di conoscenza fossero riservati ad un’élite
di sapienti del tempo che dovevano possedere agli occhi del popolo conoscenze sorprendenti.
Chi li indossava era verosimilmente considerato una specie di Re-Sacerdote a cui venivano attribuiti poteri
soprannaturali. Quei bizzarri copricapi cerimoniali erano una
consacrazione di uno stato divino: la forma conica allungata simboleggiava il
collegamento con il cielo, con la divinità, e faceva diventare chi li indossava
il tramite, il mediatore tra il mondo Celeste e quello Terrestre, donandogli
una forte carica di energia e di potere.
Ancora più
straordinario, come rassomiglianza al Cappello del Mago a noi familiare, è poi
l’elmo conico di Oppeano, rinvenuto in provincia di Verona nel XIX secolo nel
letto di un antico fiume, ora conservato nel Museo Nazionale di Firenze.
Datato al V
sec. a.C., è un oggetto raffinatissimo, frutto della classica tecnica
d’incisione a bulino celtica, ma con raffigurazioni proprie del mondo etrusco.
Per questo motivo si pensa sia appartenuto ad un alto sacerdote e che in esso
si fondino il sapere e le conoscenze delle tre culture (paleoveneta, etrusca e
celtica) che in quella zona convissero e si integrarono.
È fabbricato
con una robusta lamiera di bronzo tenuta assieme da rivetti ed è decorato
con cinque cavalli ed un altro animale mitologico non meglio identificato, un
misto tra una sfinge e un centauro alato.
Per la sua
conformazione, è stato sin da subito evidente che non potesse trattarsi di un
elmo da difesa, dato che non si adattava al capo in maniera funzionale e
adeguata e, soprattutto, era troppo leggero per proteggere il cranio da colpi
di corpi contundenti.
Interessante è
l’interpretazione che ne ha dato lo studioso Luigi Pellini, il quale ha
ipotizzato che fosse il copricapo rituale di un “Frontac”, un “Fulgoratore”
etrusco, un sacerdote in grado di operare l’arte della divinazione mediante
l’interpretazione dei fulmini a seconda della loro provenienza, direzione e
punto di caduta.
Anche in questo
caso, un cappello così particolare aveva probabilmente la funzione di indicare
visivamente al popolo il compito e l’alto grado di elevazione spirituale di chi
lo indossava. Non è, tuttavia, da escludere che gli si attribuisse pure la funzione
meno simbolica e più tecnica di captare l’energia delle folgori. Ecco perché si
è ipotizzato che il pomello schiacciato al vertice, in fusione piena, fosse un
particolare non irrilevante ma fondamentale per poter compiere una tale pratica
rituale.
Che si
trattasse, poi, proprio di un etrusco sarebbe provato dal fatto che alla sua
morte l’elmo venne gettato nelle acque del fiume secondo un’usanza rituale assai
comune.
In conclusione, esistono moltissime evidenze
che i cappelli conici abbiano sempre avuto un carattere “celeste”, spirituale.
Un’analisi anche solo superficiale della
figura del cono utilizzando il Simbolismo Tradizionale sembra avvalorare queste
affermazioni. Scomponendolo nei suoi due elementi geometrici
costitutivi di base troviamo il Cerchio, esprimente la Manifestazione
Spirituale (in contrapposizione al Quadrato, Manifestazione Materiale) e il Triangolo
isoscele con il vertice rivolto verso l’alto, simbolizzazione della discesa del
Principio nella sua Manifestazione. La forma del cono esprime l’unione
tridimensionale di queste due figure, e cioè una “irradiazione” nel piano spirituale
del Principio Divino.
Il fatto che tale
figura geometrica sia stata scelta come forma di un copricapo sacerdotale fu
quindi tutt’altro che casuale! Chi indossava quel cappello era un Iniziato nel
vero senso della parola, che agiva nel campo dello Spirito guidato direttamente
dal Principio, assumendo la funzione di “mediatore” tra Cielo e Terra. E non si
trattava di una attribuzione puramente speculativa. L’Iniziato, mediante le
conoscenze e le illuminazioni derivate direttamente dalla Divinità, esplicava una
pratica attiva e aveva il compito di agire in conformità del Principio. Egli era
“ricettacolo” della Luce Divina e contemporaneamente “spargitore” di Luce nel
mondo profano.
Durante il
medioevo la Chiesa cambiò tutto. Essendo legato a religioni, culti, filosofie e
credenze pagani, il cappello a punta assunse in breve tempo un significato
negativo. Basti ricordare il cappello giudaico, detto anche “pileus
cornutus”, che durante il Concilio Lateranense del 1215 Papa Innocenzo III impose
agli Ebrei per poterli distinguere dai cristiani. Oppure, ancora, il copricapo conico, recante la scritta e il disegno della pena ricevuta
dall’Inquisizione che le condannate erano tenute ad indossare dopo un processo
per stregoneria.
Il cappello a punta, come
simbolo di umiliazione, si diffuse poi nelle varie confraternite di penitenti e
persino nell’iconografia popolare che mostrava alunni cattivi dietro alla
lavagna con il cosiddetto “cappello d’asino”, un cono con orecchie d’asino
appunto.
Una sotterranea
sopravvivenza dei culti pagani può però essere riscontrata nel folclore e nella
letteratura nei quali troviamo cappelli appuntiti connotare fate, folletti,
gnomi, elfi, ma anche, ad esempio, Robin Hood, Pinocchio e Peter Pan. Ma questo
è un argomento da approfondire eventualmente in un’altra occasione
Il fatto che la Chiesa abbia
voluto invertirne il significato originale è la migliore conferma del grande
valore spirituale che il cappello conico possedeva.
Oggi, grazie ad un
recuperato libero pensiero, è giusto però riassegnargli il posto che gli
spetta.
Quando, d’ora in poi, sulle bancarelle di Carnevale troverete il cappello del mago o quelli neri delle streghe o rosa delle fate (che poi erano maghe buone) e magari li acquisterete per i vostri figli o nipoti, ricordatevi l’importante messaggio che questi piccoli oggetti di cartone colorato racchiudono e che proprio loro, nell’inconsapevolezza più assoluta della gente, contribuiscono a tramandare e a far sopravvivere.
Letture
interessanti per approfondire::
- https://sandrozicari.com/2014/12/28/il-significato-astronomico-del-cappello-a-punta-dei-maghi/?fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTEAAR3r7LW_wyp4xu6RbfOr3cRUB7CUKiK7YaxLRg4ihNXCn67ErPE6OZkcmbw_aem_UwnHA6EkDoGjDETEyZcvbQ
- Luigi Pellini, Il cappello dei Magi, Aurora Edizioni, Verona, 2002
- L’energia magica dei quattro cappelli d’oro – Il blog di Jacopo Ranieri
- piloton.it - Il cappello dei magi, ovvero l'Elmo di Oppeano
- https://mondodellinsolito.blogspot.com
Nota: articolo pubblicato su Civico20News la Rivista Online di Torino il 10 febbraio 2025
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