Triadi tricefale dall’antichità alla Trinità cristiana
Roberto D’Amico
Nel mondo classico, la divinità trina più nota
è certamente la dea greca Ecate, nel suo triplice aspetto di dea Terrestre, Lunare
e Ctonia. (fig.4) Denominata anche Trivia, essa veniva raffigurata con tre teste o tre corpi;
i crocicchi e i trivi erano posti sotto la sua protezione
ponendovi edicole od altari a lei dedicati.
Altra figura del mondo greco è il tracio Hermes Tricefalo, Dio dei
Re, la cui particolarità consisteva nel fatto che una delle tre teste aveva un
volto femminile, simbolo della dimensione ermafrodita e trasmutevole che egli rivestiva.
(fig.5)
Nel mondo gallo-celtico era, invece, molto venerato il cosiddetto Tricefalo gallico, divinità mai chiaramente identificata di cui sono stati trovati steli, altari e cippi in tutti i territori dell’antica Gallia (in fig.6 due sculture rinvenute a Reims e Condat). Viene associato al Mercurio gallico ed era rappresentato talvolta con tre facce, altre volte con tre falli. Sono in molti a ritenere che si trattasse di un dio solare e che le sue facce indicassero i tre punti del corso del Sole durante il giorno, Alba, Zenit e Tramonto, con tutte le possibili associazioni concettuali e simboliche ad essi riconducibili.
Divinità a tre teste meno conosciuta da noi, ma non per questo meno importante, è Triglav, dal lituano “dalle tre teste”, a volte chiamato anche Troglav, appartenente al pantheon slavo, unione di tre dei, che però variavano in base al luogo e all’epoca dando origine a triadi diverse. Si diceva che avesse tre teste perché regnava sui tre regni: Cielo, Terra e Oltretomba. I suoi occhi possedevano un grande potere, per questo motivo in tutte le statue che lo raffiguravano venivano tenuti coperti. (fig.7) Nei dintorni di Stettino, in Polonia, esistevano diversi templi e statue a lui dedicati che vennero purtroppo distrutti ai tempi della cristianizzazione.
Credo che pur una rassegna così veloce e concisa renda in modo sufficientemente
evidente quanto la Tricefalia sia un argomento estremamente affascinante, pieno
di storia e di significati profondi.
Forse pochi sanno che anche la Santissima Trinità cristiana è stata
rappresentata con le stesse modalità iconografiche delle antiche divinità
pagane tricefale. Così come, per altro la stessa idea monoteistica, anche il
concetto di Triade e della natura Una e Trina di questa si riallacciano in modo
evidente alla lenta trasmissione di miti, insegnamenti e simbolismi che
dall’estremo oriente giunsero al continente europeo e al bacino del
Mediterraneo durante il corso di millenni.
Venendo all’argomento che ci interessa, iniziamo col dire che fu tra il XII e il XIV secolo che in Europa si diffusero tre differenti
tipologie di raffigurazione antropomorfa della Santissima Trinità.
In Italia, l’immagine più comune fu quella del
cosiddetto “vultus trifrons”, che richiamava maggiormente le antiche
divinità del bacino mediterraneo: tre volti
ravvicinati con una fronte, un naso, una bocca e una barba ciascuno ma soltanto
quattro occhi in tre (fig. 8, Chiesa di S. Giuliana, Vigo di Fassa, provincia di
Trento e fig.9, Chiesa di San Nicolao, Giornico, Canton Ticino).
Nell’Europa centrale, ma anche in tutte i territori dell’arco
alpino da sempre parte o fortemente influenzati dalle culture gallo-celtica, germanica
e slava, essa apparve con un unico corpo dal quale si dipartivano tre teste: quella di mezzo frontale, le due laterali di
profilo (fig.10, Chiesa di Santa Maria Assunta, Armeno, sopra il lago
d’Orta in provincia di Novara).
Infine, una terza rappresentazione ancora diversa della
Trinità raffigurava Padre, Figlio e Spirito Santo come tre figure identiche, complete
e distinte, solitamente sedute e poste sullo stesso piano, in posizione
benedicente e con lo stesso volto, più frequentemente quello del Cristo,
talvolta con le sembianze più anziane del Padre.
Di questo tipo di pitture sopravvivono moltissimi
esempi anche in Piemonte, come quello dell’Oratorio della Trinità in Valgrana,
Cuneo. (fig.11)
Dico sopravvivono, perché con il Concilio di Trento
(1545-1563) e definitivamente con papa Urbano VIII, che l’11 agosto 1628 organizzò un rogo esemplare allo scopo di bruciare tutte le immagini di
quel tipo in suo possesso, tutte queste
rappresentazioni iconografiche vennero condannate come diaboliche e proibite.
In particolar modo proprio quelle tricefale e trifronti,
non a torto considerate troppo simili alle antiche divinità pagane, che gli iconoclasti
Protestanti con scherno definirono il “Cerbero cattolico”, con riferimento al mitologico
cane infernale tricefalo.
Dal XVI secolo le Trinità antropomorfe vennero così ovunque
occultate o, assai più spesso, distrutte. Fortunatamente alcune di queste sfuggirono
a quell’infame destino e sono riuscite a giungere fino a noi.
Chiunque fosse interessato al tema e volesse approfondirlo potrà facilmente trovare sul Web tutte le loro immagini e i loro riferimenti.
Prima di concludere, come mia consuetudine, mi sia
consentito un piccolo tocco di “Insolito”.
Tra tutti i vari dipinti rimasti, ritengo assai
interessante evidenziarne due molto particolari che presentano interpretazioni
della Santissima Trinità tricefala a dir poco curiose.
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