Il curioso Cristo col cappello 

                                                            Roberto D'Amico  

 

Visitando la Galleria Sabauda mi sono trovato di fronte ad un bellissimo dipinto che viene indicato come “Passione di Torino”. È una tavola ad olio datata 1470-1471 opera del pittore tedesco Hans Memling.
Questo quadro colpisce l’osservatore per la moltitudine di dettagli attraverso i quali l’artista ha raffigurato il tipico microcosmo cittadino fiammingo nel quale ha inserito tutti gli episodi relativi alla vita di Cristo. Per citarne alcuni: l‘entrata in Gerusalemme, la cacciata dei mercanti dal tempio, il tradimento di Giuda, l’ultima cena, l’orazione nel Getsemani, la cattura, la Via Crucis, la Crocifissione, la deposizione, il “noli me tangere” e l’apparizione sul lago di Tiberiade. È strabiliante come Memling, con bravura magistrale e l’abilità di un miniaturista, sia riuscito a inserire tutte queste scene riempiendo ogni spazio disponibile riuscendo tuttavia a mantenere una scenografia elegante, realistica e fedele alle scritture.

 
Gli squarci paesaggistici e le figure umane sono riprodotti con una incredibile perfezione, dai dettagli delle vesti, alle armature e agli attrezzi da lavoro. Geniale, poi, la scelta di creare un effetto luminoso che, da sinistra a destra, mostra la città passare dal buio notturno alla luce diurna, a simboleggiare il passaggio dalla disperazione alla speranza a seguito del sacrificio di Cristo.
La mia attenzione è stata particolarmente attratta dalla raffigurazione della scena del “Noli me tangere” che appartiene ad una vastissima casistica di opere di una moltitudine di autori che hanno variamente interpretato l’episodio dell’incontro tra Gesù risorto e Maria Maddalena.
“Noli me tangere” è stato per molti secoli interpretato con il significato di "non mi toccare”, che Gesù avrebbe pronunciato per tenere lontana Maria Maddalena protesa verso di lui accanto al sepolcro scoperchiato. Le moderne traduzioni della Bibbia Nuova Riveduta e Bibbia CEI hanno rivisto questa interpretazione, ritenendo paradossale una così forte intimazione che mal si addirebbe al personaggio di Cristo, in favore di una nuova lettura col significato di “non mi trattenere”.
Senza entrare nel merito della traduzione che potrebbe portarci lontano, anche in territori non ortodossi considerando l’ordine perentorio come una possibile protezione nei confronti di Maria Maddalena di fronte ad un qualche cosa di pericoloso, analogo alle raccomandazioni di Dio a riguardo dell’Arca dell’Alleanza, per intenderci, voglio qui parlare di un dettaglio artistico noto a pochi. 
L’incontro tra Gesù e Maria Maddalena è un tema ricorrente dell'iconografia religiosa nel periodo che va dal tardo medioevo al Rinascimento e ha ispirato tantissimi pittori in tutta Europa, tra i quali il Beato Angelico, Duccio di Buoninsegna, il Correggio, Tiziano Paolo Veronese, Nicolas Poussin e Hans Holbein il Giovane.
La maggior parte delle opere raffigura il Cristo secondo l’iconografia tradizionale classica, in molti casi però gli artisti si sono rifatti ad una rappresentazione particolare tratta dall’episodio dell’apparizione presso il sepolcro del Cristo alla Maddalena piangente del Vangelo di Giovanni (20,11-18).  Giovanni dice che Maria Maddalena, inizialmente, non immaginando certo di trovarselo di fronte risorto, scambia Gesù per il custode del giardino. Per questo motivo, molti artisti interpretarono la scena in modo più fantasioso decidendo di ritrarre il Cristo abbigliato da giardiniere, secondo la moda del tempo e del luogo in cui vivevano.
Nel quadro del Memling, la scena è raffigurata in modo convenzionale, ma ha riportato alla mia mente la visita fatta molti anni prima al bellissimo castello di Glamis, in Scozia. Fu lì che la mia attenzione venne per la prima volta attratta da quella curiosa ed insolita raffigurazione del Cristo.
Il castello di Glamis è riconosciuto come una delle dimore infestate più famose di tutto il Regno Unito. Ed è proprio nella piccola cappella privata del castello, dove uno dei 46 posti è ancora oggi riservato al fantasma di Lady Glamis, soprannominato “The Grey Lady” che nessuno oserebbe mai occupare, che vidi il dipinto dell’artista olandese Jacob de Wet con il Cristo, soprannominato “il Giardiniere”, raffigurato con un lungo mantello e un cappello nero a falda larga in testa e una zappa in mano intento a parlare a Maria Maddalena (l’immagine è tratta dal libretto “Il castello di Glamis” di Robert Innes-Smith, Pilgrim Press Ltd, 1993). 

Per spiegare questo curioso particolare, la guida del castello ci raccontò una storia alquanto bizzarra, dicendo che si tramanda che originariamente il Cristo fosse stato raffigurato senza cappello e che questo venne aggiunto in un solo giorno come sgarbo vendicativo dal de Wet, quando, terminato il suo lavoro, il conte si rifiutò di dargli la somma di denaro pattuita, evidentemente non soddisfatto del suo lavoro.
In realtà, il motivo per cui il de Wet abbigliò il Cristo con i vestiti tipici dei lavoranti della terra della sua patria si rifà proprio al racconto evangelico di Giovanni. Altri artisti, a lui più o meno contemporanei, decisero per un’analoga interpretazione pittorica.
La casistica di tali opere è assai ampia, e chiunque potrà divertirsi a scoprirne per conto suo. Ne ho comunque selezionato alcune in ordine sparso ad esemplificazione di quanto detto.    
Ho scelto la bellissima incisione (1) di Albrecht Dürer (1471-1528) e il Cristo fantasiosamente caratterizzato da un grande cappello di chiara fattura nordica (2) del pittore fiammingo Martin de Vos (1532-1603).
Allo stesso periodo appartiene il dipinto murale del 1563 conservato nella Cattedrale di Bari (3) nel quale possiamo ammirare un altro splendido esempio di un Cristo abbigliato in modo rinascimentale con cappello e vanga nel gesto di allontanare da lui la Maria Maddalena. Anche nel quadro di Caravaggio (1571-1610) il Cristo fa un inequivocabile gesto per non farsi toccare (4). In modo meno perentorio lo ha raffigurato così nel suo dipinto del 1581 anche la pittrice italiana Lavinia Fontana (5) appartenente alla corrente del tardo manierismo, nel quale lo veste con il tipico cappello di paglia dei contadini dell’epoca.
Per chiudere questa breve carrellata, l’opera (6) del pittore italiano Giuseppe Diamantini (1621 - 1705) conservata a Vicenza nella chiesa dei Santi Felice e Fortunato nella quale si vede il Cristo con zappa sulla spalla con un altro curioso modello di cappello di paglia. Spero di aver solleticato la curiosità dei nostri amici lettori e lascio a chi di loro vorrà approfondire l’argomento il piacere di individuare altri esempi di opere con il Cristo col cappello, una curiosità davvero insolita.


Nota: articolo pubblicato su Civico20 la Rivista Online di Torino il 20 settembre 2024

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