Le colline preistoriche inglesi e la tomba di Mago Merlino
Roberto D'Amico
Tumuli e tombe a cumulo sono una particolare caratteristica "insolita" del Wessex, la parte centro-meridionale dell'Inghilterra.
Per
la verità, più che di tumuli, qui voglio parlare di vere e
proprie piramidi di terra le cui dimensioni e fattura sono
alquanto eccezionali. Due di esse sorgono nei dintorni del celebre ed affascinante
Cerchio di Avebury, anche se una sola è famosa e meta di un continuo pellegrinaggio
da parte di frotte di studiosi ed appassionati di ogni parte del mondo.
Il suo
nome è Silbury Hill ed è la collina preistorica artificiale più grande d'Europa, con i suoi 40 metri di altezza e 160 di diametro.
L'inizio della sua costruzione risale al 2600 a.C., durante il Neolitico, lo stesso periodo cioè del primo stadio costruttivo del Cerchio di Avebury. Tale datazione è stata confermata dalle analisi al carbonio effettuate sui reperti vegetali rinvenuti nella cosiddetta "prima fase" di costruzione. Le fasi successive sarebbero state realizzate qualche secolo più tardi, durante l'Età del Bronzo.
Gli archeologi sono generalmente concordi nel ritenere che si tratti semplicemente di un tumulo, anche se di dimensioni e fattura eccezionali. Si stima che per
la sua costruzione fu necessario scavare e spostare 350.000 metri cubi di terra
e roccia. Dai calcoli effettuati, ciò significa un impegno pari a non meno di 18
milioni di ore lavorative, equivalenti a dieci anni consecutivi di lavoro di
500 uomini! Tenendo conto della scarsa disponibilità di manodopera di quel
periodo, ciò è comparabile ad uno sforzo comunitario non certo inferiore a
quello della erezione delle piramidi egizie. D'altro canto anche la costruzione
dei centri di Avebury e Stonehenge non furono da meno.
Il
problema della disponibilità di manodopera è, in effetti, un grande enigma
archeologico e storico irrisolto, in quanto, secondo quanto ci è noto delle popolazioni
che in quel tempo abitavano quelle zone (ma il discorso vale per tutti i grandi siti megalitici), non sarebbe stato fisicamente
possibile mettere insieme un così gran numero di operai. Evidentemente,
qualcosa non torna nei calcoli o, più facilmente, molto è ancora ignoto di quel
lontano passato.
Silbury
Hill ha l'apparenza di un semplice grosso mucchio di terra a forma di tronco di
cono, ma i vari scavi archeologici effettuati a partire dal XVIII secolo hanno
evidenziato che è stato costruito in tre diverse fasi su un primo tumulo di dimensioni normali, 5 metri di altezza per 34 di diametro. Su di esso venne edificata una struttura complessa composta da sette terrazze
circolari sovrapposte l'una all'altra a costituire una vera e propria piramide a gradoni (l'ultimo gradone è ancora chiaramente visibile a qualche metro dalla cima). Il gradone di base fu ricavato direttamente dallo scavo del fossato, mentre gli altri sei sono formati con blocchi della locale pietra gessosa.
È lecito chiedersi se questa struttura sia stata solo un ingegnoso metodo per dare stabilità all'insieme oppure se si tratti della forma originale del monumento. Nessuno è in grado di dare una
risposta a questo interrogativo. Secondo la ricostruzione archeologica ufficiale, tuttavia, essa venne subito ricoperta con del terreno a formare quella che è la collina
che oggi vediamo.
Certo che è affascinante cercare, invece, di immaginare
questa piramide con i suoi gradoni bianchi ergersi in mezzo al suo fossato
colmo d'acqua, a simboleggiare il concetto di Isola Sacra, tanto cara agli
antichi. E l'acqua sembra comunque giocare un ruolo primario per Silbury
Hill, dato che nelle sue vicinanze il piccolo Winterbourne si unisce alle acque
di due sorgenti, quella di Swallowhead e quella di Waden, per dare origine al
fiume Kennet. È difficile credere che questa sia un pura coincidenza, e sono in
molti a convenire sul fatto che l'ubicazione del monte artificiale non fu
scelta a caso.
Di
Silbury Hill si incominciò a parlare a partire dalla metà del '600, quando lo
scrittore John Aubrey, autore del libro "Brief lives", rimase tanto
colpito ed attratto dal suo incontro con le pietre, i terrapieni e i cumuli
della zona di Marlborough e Avebury, avvenuto casualmente durante una caccia
alla volpe, da descriverlo nella sua opera. Fu lui a destare la curiosità di
Carlo II, che si fece condurre ad Avebury rimanendo a sua volta attratto dalla
strana sagoma di quella collina che si vedeva in lontananza. Il Re e Aubrey si
recarono quindi alla Silbury Hill e la scalarono, decretando in quel modo il suo ingresso nella storia.
Aubrey
fu il primo a farne una descrizione dettagliata e a tentarne una prima
interpretazione. Risale
a lui la versione, ancora oggi più accreditata tra le varie ipotesi avanzate,
che vuole il nome derivato dalla combinazione delle parole "Sil" e
"bury", equivalente sassone di "barrow", cumulo
sepolcrale, a significare letteralmente: la "tomba di Sil". Aubrey aveva probabilmente avuto sentore di una più antica tradizione popolare che tramandava
che in quel luogo fosse stato sepolto sul suo cavallo un leggendario quanto
sconosciuto Re Sil, o Zel.
Qualcuno
ha fatto opportunamente notare che l'usanza di seppellire i capi con la loro
cavalcatura era in effetti abbastanza diffusa presso i popoli barbari ed ha
visto in questo particolare della leggenda un possibile indizio di verità,
anche se, per altro, non si conoscono casi del genere in Inghilterra. Con il
passare dei secoli la leggenda si modificò a tal punto che re e cavallo si
trasformarono nientemeno che in statue di oro massiccio in grandezza naturale.
Altre versioni parlano di un uomo sepolto con l'armatura d'oro o di un re
sepolto in una bara d'oro.
Gli
scavi effettuati nel 1776, 1849, 1867, 1922 e 1968, che hanno esplorato in verticale
ed in orizzontale la collina, non sono, tuttavia, riusciti a rinvenire alcuna
sepoltura, con o senza cavallo. Molti studiosi sono, comunque, convinti che gli
archeologi potrebbero non aver indagato nella giusta dirczione e che forse
quello che loro cercavano non fosse situato in posizione centrale, come da loro
ipotizzato. Quindi, la speranza di ritrovare Re Sil non si è ancora spenta del
tutto.
Se
Aubrey ebbe il merito di aver notato per primo quegli antichi monumenti, fu
sicuramente merito del suo erede e successore spirituale, William Stukeley,
l'averli documentati e diffusi nel mondo scientifico di allora.
Stukeley,
vissuto nella prima metà del '700, diede un impulso decisivo al loro studio,
sia per la sistematicità del suo lavoro, sia perchè lo impregnò di teorie e
speculazioni, spesso sin troppo fantasiose e gratuite, affascinanti e di
sicura presa sul pubblico dotto del tempo. Miscelando tra loro cognizioni di
insegnamenti egizi, ebraici, greci e una buona dose di fantasia, fu lui ad
attribuire per primo un legame tra gli antichi sacerdoti dei Celti, i Druidi,
le loro misteriose cerimonie e i monumenti di terra e di pietra, dando inizio
ad un filone letterario e di pensiero che resta ancora vivo ai nostri giorni.
Dei
reperti dello Wiltshire, Stukeley ha lasciato una cospicuo numero di disegni di
inestimabile valore documentaristico. Secondo questo fantasioso ricercatore, in
Silbury Hill non sarebbe stato sepolto Re Sil, bensì un non meno enigmatico Re
Kunedha, così da lui chiamato dal nome del fiume Kennet, che egli riteneva
essere il fondatore del Tempio di Avebury. Secondo un'altra versione, il nome deriverebbe invece da quello di un'antica festa annuale legata al raccolto: Sele. Ed è sorprendente notare che fino al secolo scorso, nella domenica delle Palme, i contadini di Avebury si recassero sulla cima di Silbury Hill per mangiare dolci di fichi e bere acqua e zucchero. Non vi sono dubbi a proposito del fatto che in tale usanza sia da riconoscere la reminescenza di un rito agreste pagano "cristianizzato".
Ovviamente
le teorie e le ipotesi sulla reale funzione della Silbury Hill si sprecano:
posto di osservazione, punto di riferimento, postazione militare... Ma perchè mai si sarebbe dovuto compiere tanto lavoro in una zona collinare, dove si sarebbero potuti trovare
innumerevoli luoghi naturali ben più consoni allo scopo? No, la logica porta a
ritenere che il posto fu scelto con cura per qualche preciso motivo.
Alcuni
ricercatori non ufficiali, che potremmo definire appartenenti al "filone
Stukeley", ritengono che la vicinanza con Avebury non sia casuale
e che Silbury Hill abbia fatto parte di un vasto complesso sacrale di grande
valore simbolico e cerimoniale. Lo stesso Stukeley aveva immaginato che entrambi potessero far parte di un grande tempio megalitico druidico a forma di serpente.
In
effetti, come ben evidenziato in una affascinante mappa disegnata da un
archeologo del XIX secolo che qui riproduciamo, non è difficile notare la
centralità dell'ubicazione di Silbury Hill all'interno della completa
configurazione del sinuoso complesso di Avebury.
La sua vicinanza con il Kennet, la sua
struttura interna, la sua sommità appiattita, la forma del fossato che la
circonda e la mancanza di sepolture al suo interno sono tutti elementi
che convaliderebbero l'ipotesi di una maggiore importanza e di un diverso
utilizzo di questa costruzione.
Si
potrebbe ancora aggiungere che la sua posizione, sul fondo di una valle,
contrasta con la scelta che veniva normalmente fatta per l'ubicazione dei
tumuli, per la stragrande maggioranza dei casi eretti in posizione elevata. Inoltre, la
data della sua costruzione non coincide con quella dei tumuli, tutti dell'Età
del Bronzo, e mostra come Silbury Hill fosse invece contemporanea dei "tumuli
lunghi", le tombe megalitiche utilizzate per inumazioni collettive, delle quali
il più bell'esempio noto, il "West Kennet Long Barrow", non dista che poche
centinaia di metri da Silbury.
Il mistero permane, ma si infittisce ulteriormente se
si considera che a meno di nove chilometri di distanza, verso est, sempre lungo
il fiume Kennet, particolare tutt'altro che insignificante, si erge una
seconda, più piccola e meno famosa, ma non per questo meno interessante,
piramide di terra, conosciuta come il "Mound" di Marlborough. Il nome
stesso di questa bellissima cittadina deriverebbe, secondo la tradizione più accreditata,
dall'unione delle parole "Maerl", o" Meri", e "barrow", e starebbe a
significare: la "tomba di Merlino".
Non
c'è da stupirsi, il Wessex è pieno di sorprese
per un ricercatore dell'Insolito e Re Artù, i Cavalieri della Tavola Rotonda, il Mago Merlino e Camelot sono spesso presenti nelle tradizioni locali!
La
leggenda che vuole che sotto il Mound di Marlborough sia sepolto il celebre Merlino risale almeno al XIII secolo ed è talmente radicata nella tradizione
del luogo che sin dal 1714 lo stemma della cittadina è coronato dal castello sovrastante il Mound, mentre in basso il suo motto indica, in modo assai esplicito:
"Ubi nunc sapientis ossa Merlini" , "dove ora sono le ossa del saggio
Merlino".
Il motivo della "non celebrità" di questa seconda piramide di
terra è essenzialmente quello di essere poco reclamizzata, probabilmente perchè
inserita all'interno dell'area del "college" cittadino. In aggiunta a
ciò, a differenza di Silbury Hill, che si erge maestosa ed isolata, in piena
campagna, proprio accanto alla strada, essa è pure difficilmente individuabile
in quanto coperta alla vista dagli edifici che la circondano e dagli alti
alberi che la ricoprono. Eppure la sua storia è interessante ed avvincente,
quanto e forse di più di quella del suo fratello maggiore.
La
sua antichità è stata da tempo provata dal ritrovamento effettuato lungo i suoi pendii di
due strumenti di lavoro ricavati da corna di antilope, rudimentali picche
simili a quelle rinvenute nella non lontana Stonehenge, risalenti al periodo
Neolitico, prima ancora della datazione ufficiale di Silbury Hill.
Più recentemente, nel 2003, mentre l'English Heritage stava di nuovo indagando la Silbury Hill, vennero eseguiti dei carotaggi allo scopo di datare il Mound ed i risultati sono stati supefacenti confermando che esso era effettivamente contemporaneo del suo gemello maggiore, anzi che la sua costruzione era iniziata addirittura prima, ma terminata dopo. In tal modo avvalorando l'intuizione settecentesca che presupponeva l'esistenza di un grande centro cerimoniale di cui entrambe le piramidi dovevano far parte. Per altro, anche il Mound di Marlborough è situato al centro
di un profondo avvallamento ed è noto che, ancora al tempo di Stukeley, una
sorgente scaturiva accanto alla sua base.
Le sue dimensioni attuali, circa 20 metri di altezza e cento di diametro alla
base, non sono che indicative, in quanto, a differenza del fratello maggiore,
nel corso della sua lunga vita, il Mound è stato più' volte riconfigurato.
Le prime notizie che lo riguardano risalgono al XII secolo. Intorno all'anno 1100,
infatti, Guglielmo I fece costruire sulla sua cima un torrione-castello,
circondato da un profondo fossato (forse l'originale scavo da cui venne tratto
il materiale per la sua edificazione, simile a quello ancora esistente intorno
a Silbury Hill e a tutti i tumuli di dimensioni minori), che, modificato e
ingrandito a più riprese, sopravvisse per oltre 400 anni.
Esistono diverse ricostruzioni del castello di Marlborough intorno alla fine del XIII secolo che sono probabilmente fantasiose, ma ne danno una vaga idea.
Quando
il castello andò in rovina, anche il Mound fu completamente abbandonato, per
poi diventare parte, qualche secolo più tardi, di un bellissimo parco-giardino,
riprodotto diligentemente nel 1723 in uno dei suoi disegni da Stukeley, da dove si vede
che a quel tempo era ancora circondato dal fossato, poi definitivamente
riempito nel 1855.
Oggi, è stato rimesso a nuovo e durante la sua ultima riconfigurazione è stato riportato all'aspetto che aveva alla fine del '700, quando un sentiero a spirale ne permetteva una piacevole salita alla vetta e che.
È
indubbio che le piramidi di terra di Avebury e Marlborough sono opere insolite e, per il periodo in cui vennero
innalzate, uniche. È pensabile che, per aver richiesto tanto lavoro, dovessero
ricoprire un qualche ruolo importante e avere un riconosciuto valore religioso,
ma di più non è possibile dire.
La fantasia popolare, attratta dalla loro
particolarità ed anomalia, ha da sempre cercato di darne un'interpretazione, di
trovare delle spiegazioni plausibili, mescolando tra loro, nel corso dei
secoli, in un unico calderone, miti, racconti e tradizioni diverse,
avvolgendole di un alone di leggenda che ha permesso di mantenere il loro
fascino ed il loro mistero intatti.
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