Re Artù e i 24 Cavalieri dell'incredibile “Tavola Rotonda” di Winchester

 Roberto D’Amico


                                            

Nell’Inghilterra del mito nessun personaggio riesce ad eguagliare la fama del leggendario King Arthur, che tradotto in italiano sarebbe Re Arturo, ma in realtà è da tutti conosciuto come Re Artù.
Possessore della magica spada Excalibur, contornato dal fido e saggio Mago Merlino e dai suoi indomiti Cavalieri della Tavola Rotonda, sposo della bellissima ed amata Regina Ginevra, signore del castello di Camelot, la sua presenza è estremamente e sentitamente viva nella tradizione, nel folclore e nella cultura inglese.
Sono decine gli esempi elencabili di luoghi che, nell'Inghilterra sud- occidentale legano il loro nome al mitico sovrano o a qualcuno dei suoi fedeli ed altrettanto famosi cortigiani. Da Glastonbury, cittadina da molti identificata con la stessa leggendaria Isola di Avalon, nell'area dell'antico Wessex,  alla Cornovaglia dove Dozmary Pool e Loe Bar, sono, ad esempio, entrambi indicati come il lago in cui Sir Bedevere gettò, dietro ordine di Artù, Excalibur. 
Il castello di Tintagel è riconosciuto come il tradizionale luogo di nascita del sovrano, mentre Cadbury Castle è da molti identificata con Camelot.
Cam Long Down sarebbe invece Camlann, il luogo dove egli combattè la sua ultima battaglia, ma nel nord dell'Inghilterra vengono ugualmente identificati con Camlann molti altri siti storici: Richmond Castle, Sewing Castle, Brinkburn Priory, Dunstanburgh Castle, Freebrough Hill, Eidon Hills, tanto per citarne alcuni. 
Sempre in quell'area abbondano località alle quali è associata un'altra strana leggenda: antiche tradizioni parlano infatti con inusitata ricorrenza dell'esistenza di una stanza sotterranea segreta in cui Artù ed i suoi cavalieri dormirebbero un "sonno magico", pronti a risvegliarsi ed a riprendere la spada per difendere una giusta causa.
La figura di Re Artù aleggia a mezz'aria tra leggenda e realtà. Anche se è probabile che egli non fosse altro che l'immaginaria trasposizione popolare di un'epopea di re guerrieri effettivamente esistiti durante quella che è conosciuta come la "Dark Age" della storia britannica, intorno al VI secolo d.C., non esistono prove di sorta che ne consentano una benché minima identificazione o che ne comprovino la reale esistenza. Ma, in fondo in fondo, che egli sia stato o meno personaggio storico è fatto di secondaria importanza.
Le sue gesta sono ancora oggi raccontate con orgoglio e portate come esempio di un sistema di vita non contaminato da influenze straniere. Molti vi vedono le radici del vero Britanno, purificate da tutte le successive sovrapposizioni dovute alle invasioni degli Anglosassoni, dei Danesi e dei Normanni, che tanto hanno segnato la storia dell'isola.
Artù  è  la  rappresentazione  simbolica  della  resistenza all'invasore e,  in senso talvolta negativo,  emblema delle correnti di nazionalismo estremo. Egli viene ricordato come il sovrano che condusse alla vittoria i Britanni contro gli odiati invasori Anglosassoni durante gli anni bui che seguirono il ritiro delle legioni romane.
In realtà, questa tradizione è poco meno di un falso storico, in quanto le sue presunte ed indimostrabili grandi vittorie non riuscirono  comunque  ad  impedire  la  progressiva  conquista anglosassone dell'Inghilterra.
Ad Artù viene in ogni caso accreditato il fatto di essere riuscito a bloccarne l'avanzata nel Galles. Ed  è  proprio  lì,  nell'ultimo  rifugio  delle  sconfitte popolazioni locali, che verso l'anno mille, inizialmente per motivi esclusivamente di propaganda politica, nacquero i primi racconti  sul  mitico  Artù  in  "kymraeg",  l'antica  lingua gallo/celtica, contenenti reminescenze della mitologia e  del misticismo druidico. 
Nel corso dei secoli successivi essi si diffusero  in  lingua  inglese  nel  resto  dell'Inghilterra mischiandosi progressivamente con altri elementi completamente estranei, quali gli eventi legati alla cristianizzazione dell'Isola e alle leggende provenzali sulla Cerca del Santo Graal. In questo modo si formò il fitto ed intricato tessuto di cui è oggi rivestito il mitico sovrano.
Le gesta di Artù furono tramandate oralmente e poi raccolte in forma scritta in quella che è nota come "Anglo-Saxon Chronicle", la cui versione più antica venne redatta dai monaci Benedettini di Oldminster, la odierna cattedrale di Winchester. 
La più antica menzione del "vittorioso Artù" si trova nella "History of Britons", che si dice scritta da Nennius nell'VIII secolo e che contribuì, insieme agli "Annali del Galles" un insieme di scritti dei quali non rimane nulla, a farlo diventare un eroe gallese.
Il nome di Artù è anche citato nelle cosiddette "Triadi Gallesi", un esercizio mnemonico che serviva ai Bardi per ricordarsi i titoli delle storie che raccontavano. 
È solamente a partire dal XII secolo, però, che il personaggio iniziò ad assumere una dimensione superiore. Nel 1135 circa il gallese Geoffrey di Monmouth (vero nome Grufydd ab Arthur) nella sua "Historia Regum Britanniae" per la prima volta ne parlò estensivamente. 
Egli affermò che Artù era figlio di Uther Pendragon e fratello di Aurelio Ambrosius, Re dei Britanni, trionfatore sui Sassoni e responsabile del trasferimento di Stonhenge dal suo originale sito in Irlanda al Wiltshire dietro suggerimento del mago-veggente Merlino.
Secondo Geoffrey, oltre ai Sassoni, Artù avrebbe vinto anche grandi battaglie contro Scozzesi ed Islandesi e avrebbe conquistato gran parte della Scandinavia e della Gallia. Egli sarebbe addirittura stato in procinto di incominciare una marcia su Roma, ma lo scoppio della guerra civile in Britannia lo costrinse a ritornare in patria, dove venne gravemente ferito in battaglia. Trasportato all'Isola di Avalon non se ne seppe più nulla.
La sua storia venne raccontata per la prima volta tra il 1175 ed il 1205 in lingua inglese dallo storico Layamon. Il monaco Bede compilò, invece, il primo resoconto del trionfo degli invasori, della loro conversione al Cristianesimo e della nascita della famiglia reale dei Sassoni Occidentali,  che divennero i signori dell'Inghilterra e stabilirono la capitale in Wintanceaster, l'odierna Winchester.
D'altro canto la storia ci ha tramandato il valore di un grande sovrano Sassone, Alfred the Great (Alfredo il Grande), che viene ricordato  non  solo per  aver  sconfitto  i  Danesi,  ma per l'attenzione e lo zelo che egli pose per aumentare la prosperità  del suo regno, il Wessex, e per diffondervi studio, insegnamento e giustizia.
Per uno strano scherzo del destino, proprio in Winchester, capitale  degli  acerrimi  nemici  di  Artù, e , tanto per cambiare,  anch'essa identificata da alcuni con Camelot, è oggi visibile un reperto quanto mai insolito, sicuramente degno di essere annoverato tra i più  importanti cimeli arturiani: la Tavola Rotonda!
La sua esistenza è attestata per la prima volta dal poeta John Hardying verso la fine del XV secolo, ma la prima testimonianza storica vera e propria risale al 1522, anno in cui Enrico VIII si recò a Winchester per mostrarla ad un suo ospite eccellente, l'Imperatore Carlo V.
Si tratta di un enorme tavola rotonda in legno di quercia (circa 5,5 metri di diametro e 1250 Kg di peso), attualmente appesa alla parete occidentale della medioevale "Great Hall", sulla quale venne sistemata nel 1874 in seguito al suo trasferimento dalla originale posizione sulla parete opposta.


La tavola è dominata da una imponente raffigurazione di Re Artù addobbato in modo chiaramente "tudoriano" con i simboli dei poteri temporale e spirituale: la spada, tenuta dalla mano destra, e il globo del mondo sormontato dalla croce, sostenuto dalla mano sinistra.
Al suo centro spicca invece la Rosa bianca e rossa dei Tudor contornata dalla scritta: "Thys  is thè Rownde Table of Kyng Arthur Wt XXIIII of Hys Named Knyghts", "Questa è la Tavola Rotonda di Re Artù con XXIIII dei suoi insigniti Cavalieri"
L'area circolare della tavola è suddivisa in spicchi, colorati alternativamente con i colori bianco e verde, che delimitano il posto dei 24 cavalieri, come indicato dal fatto che ad ognuno di essi corrisponde un nome, incluso quello di Sir Galahad seduto nel "posto periglioso", che poteva essere occupato solamente da un cavaliere innocente e senza colpe.
I nomi, alcuni dei quali di difficile lettura a causa del tempo e delle successive ripitturazioni, così come sono scritti sulla circonferenza esterna della tavola, sono i seguenti:
 
Sr.  Gallahallt
Sr.  Launcelot deu Lake
Sr.  Gaweyn
Sr.  Percy Vale
Sr.  Lyonell
Sr.  Trystram de Lyens
Sr.  Garethe
Sr.  Bedvere
Sr.  Blubrys
Sr.  Lacote Male Tayle
Sr.  Lucane
Sr.  Plomyds
Sr.  Lamorak 
Sr.  Bors de Ganys
Sr.  Saser
Sr.  Pellens
Sr.  Kay
Sr.  Ector de Maris
Sr.  Dagonet
Sr.  Degore
Sr.  Brumeur
Sr.  Lybyus Dyscophporus
Sr.  Alynore
Sr.  Mordrede

Oltre a quello del già menzionato Sir Galahad, tra i nomi dei cavalieri si possono riconoscere alcuni personaggi storici o leggendari, quali Sir Lancelot (Lancillotto), figlio del re di Britannia e amato dalla bellissima Elaine, Sir Gaweyn, nipote di Artù, Sir Percy Vale (Percival), uno dei Cavalieri Bianchi, e Sir Lyonel, uno dei campioni di Artù al grande torneo di Camelot. Ed inoltre, Sir Trystram de Lyens (Tristram di Lyonesse), nipote di Re Mark di Cornovaglia e amante di Isolde, Sir Plomyds (Palomides) della corte del Re Anguish d'Irlanda, Sir Kay, alfiere del re, Sir Ector de Maris, un'altro dei suoi campioni al torneo di Camelot e Sir Mordrede, suo geloso e malvagio nipote.
L'origine della Tavola Rotonda di Winchester è  ignota. Si ritiene tuttavia che la sua decorazione pittorica sia avvenuta sotto il patronato di uno dei due grandi sovrani/guerrieri medioevali appassionati di storie arturiane e del mondo della cavalleria medioevale: Edoardo I o Edoardo III.
A riprova di ciò, alcuni ricordano che Edoardo III iniziò, tra l'altro, a costruire a Windsor persino un edificio chiamato "Tavola Rotonda". L'avvento della Guerra dei Cento Anni non ne permise il completamento, ma è altresì  noto che fu sempre la sua idea fissa sui Cavalieri della Tavola Rotonda ad indurlo a fondare il Nobile Ordine dei Cavalieri della Giarrettiera. 
Alcuni hanno fatto notare che, nonostante sia costruita come un vero e proprio tavolo, con tanto di gambe, le dimensioni della Tavola Rotonda di Winchester non sono tuttavia tali da aver realmente potuto consentire la sistemazione di un così grande numero di cavalieri. Per questo motivo si pensa che, molto probabilmente, il suo uso fosse inizialmente molto più umile, forse domestico o amministrativo, e che forse venne dipinta solamente per permettere ad Enrico VIII di impressionare il suo ospite imperiale mostrandogli qualcosa di sorprendente. Ma esistono evidenze che una vera Tavola Rotonda sia mai esistita?
Una leggenda tramanda che essa apparteneva al padre di Artù, Uther Pendragon, che la diede al Re Leodegrance, padre di Ginevra, che la ridette poi ad Artù in occasione del suo matrimonio.
Qualcuno avrà notato che il numero dei cavalieri della Tavola di Winchester è 24 e non 12 come vuole la tradizione più accreditata. Tenendo però presente il fatto che, secondo alcune versioni, si dice che i cavalieri della Tavola Rotonda fossero addirittura 150 si comprenderà quanto il loro numero sia dunque questionabile. 
Il numero 24 è comunque multiplo di 12 e dal punto di vista della simbologia numerica il valore dei due numeri è assimilabile.
E, molto probabilmente, è proprio al Simbolismo che dobbiamo ricorrere per interpretare correttamente il significato della Tavola Rotonda. Non è, infatti, da escludere la possibilità che essa non fosse altro che una raffigurazione simbolica: essendo rotonda essa poteva stare a rappresentare il Cielo, il Mondo Spirituale ed il suo Centro era dunque mistico rappresentando lo stesso Principio Divino. I 12 Cavalieri della tradizione avrebbero potuto perciò raffigurare in tal senso i segni zodiacali, e divennero qui 24 forse per compiacere qualche nobile presunto discendente di qualcuno dei cavalieri menzionati o per qualche altro motivo oggi di difficile interpretazione. Altri studiosi sostengono, invece, che i racconti medioevali tramandarono in tale modo l'antica usanza dei capi britanni di riunirsi in cerchio (il capo situato al centro assumeva una posizione equidistante da tutti gli altri convenuti), spesso al di sotto o nei pressi di una grande quercia o all'interno dei cerchi di grandi pietre e sotto la vigile attenzione dei sacerdoti, per conferire solennità e sacro valore alle decisioni ed ai patti presi.
Vale la pena di notare che la tavola è fatta in legno di quercia.
Termino con una curiosità.
La Tavola Rotonda di Winchester è divenuta nome ed emblema di una delle più celebri Charitable Organizations inglesi, al pari del Rotary e del Lions Clubs. Girando per quella parte dell'Inghilterra non è quindi difficile imbattersi qua e là nella sua caratteristica figura, simbolo più che mai vivo di un'epoca che lì non vuole morire.


Tratto da: 
                      



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