Riti mistici e simbolici nella danza
dei Dervisci "rotanti"
Roberto D'Amico
La data della sua fondazione non è certa.
I Dervisci Mevlevi, altresì noti con l'appellativo di "danzatori rotanti", appunto per il
caratteristico modo di celebrare le loro riunioni religiose, giunsero in Egitto a seguito della
conquista Ottomana, nel 1517. Si ha notizia certa che il complesso di Helmia fosse già
in funzione nel XVII secolo, ma forse la sua edificazione è anteriore a tale periodo.
Dagli scavi archeologici effettuati durante i restauri si è scoperto che esso venne costruito
direttamente sopra una struttura assai più antica, la Madrasa (moschea con incorporata
una scuola di teologia) di Sunqur Sàidi, risalente al XIII secolo.
I Dervisci Mevlevi erano originari della Turchia.
II loro fondatore, Gialal el Din Rumi, era per la verità nato a Balk, nel Khorasan, attuale
Afghanistan, il 30 settembre 1207, ma all'età di cinque anni dovette espatriare al seguito
del padre, il grande mistico Baha ed-Din Walad. Dopo varie peregrinazioni, la sua famiglia
si stabilì definitivamente in Konia, in Asia Minore, dove egli rimase per il resto della sua
vita, fino alla morte, avvenuta nel 1273.
A Konia, la sua tomba è ancora oggi meta di pellegrinaggio da ogni
parte del mondo.
Comparato per la sua sensibilità a San Francesco e per la sua cultura ed espressività a
Jacopone da Todi, Gialal el Din Rumi è considerato uno dei più grandi poeti mistici di tutti
i tempi. La sua raccolta di poesie "Divan" ed il suo poema mistico "Masnavi" costituiscono
la base culturale dell'Ordine che a lui si rifà.
La massima espansione della Confraternita Mevlevi si ebbe a partire dal XIV secolo,
periodo in cui i Mevlevi, legati alla élite Ottomana, esercitarono un’enorme influenza
sul potere politico ed ebbero addirittura il compito della stessa investitura del Sultano.
Il monastero del Cairo, venne ufficialmente chiuso nel 1916, ed il destino dell'Ordine, in
Egitto, fu mortalmente segnato dalla forzata chiusura di tutti i monasteri dervisci in Turchia
ad opera di Ataruk, nel 1925, anche se sembra che ancora nel 1942 il Samà-Khana venisse
talvolta usato.
Nel periodo di massima notorietà, il monastero di Helmia comprendeva una comunità
piuttosto numerosa. Oltre ai 38 Dervisci danzatori, c'era l'Imam, che guidava le cinque
preghiere giornaliere, il Muezzin, incaricato del richiamo alla preghiera, ed altri nove
inservienti che provvedevano ai vari servizi. In tutto, quindi, una cinquantina di persone.
La struttura originale del Samà-Khana risale al 1809, ed era evidentemente l'ultimo
rifacimento in ordine di tempo della sala/moschea prima dell'abbandono definitivo
del monastero. Così come l'originale, il nuovo Samà-Khana è al suo interno interamente
in legno ed è un raro esempio di pregiato lavoro artigianale.
La sua forma architettonica riflette proporzioni mistiche altamente simboliche, per
comprendere le quali occorre risalire alle basi stesse della dottrina derviscia.
Il rito della danza circolatoria, effettuata in senso antiorario come le sette circoambulazioni
intorno alla Kàaba, ha, quale primo riferimento storico il Samà di Gialal el Din Rumi,
compilato a seguito della morte del suo amico e maestro Shamsi Tabrizi.
Il Samà, letteralmente "ascolto" di suoni connessi alla danza, pur essendo il rito
fondamentale dell'Ordine dal XV secolo, si precisò, tuttavia, nella simbologia e nelle
modalità esecutive solamente nel XVI secolo, periodo in cui molte personalità culturali
di rilievo aderirono all'Ordine.
Le elaborazioni del pensiero di Gialal el Din Rumi condussero, alla luce delle dottrine
cosmologiche di Ibn Sina, el-Biruni e di altri Sufi che contribuirono a gettare le basi della
filosofia islamica, alla definizione del Samà nei suoi riferimenti al Cosmo e alla rotazione
dei pianeti e delle sfere celesti. Ascoltando il suono "cosmico", i Dervisci si muovono,
dunque, in uno spazio che architettonicamente si sarebbe sempre più definito secondo uno
schema di simbolismi geometrici e matematici di cui il Samà-Khana del Cairo
rappresenta la massima espressione.
La danza si svolge seguendo uno schema geometrico, rappresentazione della stessa
attività creativa di Dio. Il Cerchio ed il suo Centro, raffigurati anche nella bellissima
cupola, simbolizzano rispettivamente l'Universo e l'Unità Assoluta da cui esso è stato
emanato.
strette sul petto per somigliare al numero Uno, per sentirsi in unità con Dio.
La semiarea circolare destra rappresenta il Mondo Interiore, quella destra il Mondo
Esteriore, mentre i due archi di cerchio loro relativi sono rispettivamente discendente
ed ascendente.
I Dervisci, entrando, si pongono lungo il perimetro interno delle due semi aree e, dopo una
introduzione musicale, passano davanti allo Sheikh tre volte, facendo un segno di riverenza,
e, quindi, come avessero ricevuto un impulso improvviso , cominciano a girare formando due
orbite, con una mano rivolta verso l'alto e l'altra verso il basso, segnando in tal modo
l'asse secondo cui l'Unità Assoluta si trasmette alla realà delle cose esistenti: “Da Dio
riceviamo, all’Uomo offriamo”, ma anche, in senso più esoterico, per ricevere
l’energia spirituale e trasmetterla al mondo. Il centro della rotazione è la pianta del
piede sinistro (anche questo con un profondo valore simbolico) e l'intera superficie del piede
rimane a contatto con il pavimento.
L'impulso per la rotazione è invece fornito dal piede destro in un passo completo di 360 gradi.
La danza è una vera e propria "unione mistica" con Dio, la cui presenza e grazia scendono
sul danzatore, attraversandone corpo e spirito, unendosi con le forze della terra.
Ruotando, visto dall'alto, ogni Derviscio rappresenta egli stesso un cerchio di cui lui è il
centro, ancora una volta, simboleggiando la volontà di annulllarsi e assimilarsi all'Essenza
Lo spettacolo è affascinante e allo stesso tempo impressionante: la musica ripetitiva e
martellante, le preghiere, i commenti d'ammirazione e di stupore degli spettatori,
l'atmosfera pervasa di esaltazione e misticismo, ed i Dervisci che continuano a roteare
ritmicamente ed in modo sempre più convulso al di sotto del grande candelabro sospeso
al centro della cupola.
Eppure, al di là della apparente confusione, come abbiamo visto, i danzatori seguono un
percorso simbolico preciso e chiaramente definito.
Vediamo di ricostruirlo insieme, per renderci conto praticamente di quello di cui stiamo
parlando.
Per avere un'idea concreta dello sviluppo geometrico-simbolico dell'impianto del
Samà-Khana, si deve iniziare con il tracciare al suo interno un cerchio di diametro uguale
al raggio dell'area del Samà stesso, visualizzando così una delle due orbite percorse dai
Dervisci durante la danza (fig. 1).
Puntando quindi sul centro di ciascuno dei sei cerchi, con raggio uguale a quello del Samà,
Come sappiamo il numero 12 rappre l'Ordine Cosmico e, nello stesso tempo (essendo prodotto
La "Qubbha", la piccola costruzion che sorge al centro del grande cortile quadrato, dove sgorga
l'acqua per le abluzioni purificali prima della preghiera, rispecchia gli stessi concetti architettonici,
essendo formata da una base ottagonale sovrastata da una cupola semisferica.
Non a caso il Paradiso secondo il Profeta Maometto era simbolicamente raffigurato da un tempio
quadrangolare, di cui la Kàaba è l'immagine terrena, sovrastato da una cupola in madreperla
Ma il concetto è rintracciabile in un'infinità di altri esempi, forse meno noti.
Tratto da:
Per saperne di più: https://www.cfpr.eu/servizi/articoli-di-stampa/
Congiungendo ora in c
Nella famosa moschea
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