Il Sentiero dei Celti e i menhir di Trana
Finalmente un luogo ben segnalato!
Avevo sentito parlare dei megaliti di Monte Pietraborga, sopra Trana, ma mai avrei immaginato di scoprire un’area così ricca ed interessante.
La via più semplice per raggiungerla è prendere la strada che da Trana porta a Pianca e, giunti al Belvedere, prendere la strada per Pratovigero Superiore. Lasciata la macchina in un comodo parcheggio in posizione strategica per le varie passeggiate, si prende il Sentiero dei Celti, che già dal nome fa capire di che cosa si tratta!
La difficoltà dell’escursione è classificata
medio-facile. La durata è di circa un’ora.
Si sale dentro al bosco lungo un sentiero ben
tracciato e segnalato. Qua e là si notano dei pilastrini segnaletici che
indicano i punti trigonometrici dove si incontrano i confini dei comuni di Trana, Piossasco e
Sangano.
Poco prima di arrivare alla vetta si passa attraverso una zona dove si possono chiaramente notare menhir singoli e in gruppo, anche di notevoli dimensioni. Le montagne della zona dono tutte costellate di massi lasciati dall’antico ghiacciaio ed è evidente che gli antichi Celto-Liguri non dovettero fare altro che scegliere e lavorarne i più adatti per costruire le loro aree sacre.
Un grande cartello segnaletico fornisce una spiegazione chiara ed esaustiva dell’area megalitica. Vi si legge:
“In alto sono conservate le vestigia di un’area culturale megalitica che probabilmente hanno suggerito il toponimo stesso del monte. L’area si presenta come un pianoro con raggruppamenti di grossi menhir, alcuni dei quali pesanti diverse tonnellate e di dimensioni ragguardevoli. In base ad una prima comparazione stilistica il sito è databile al Neolitico Finale – prima età del Rame (circa 4000-2000 a.C.) tuttavia la zona ha subito una frequentazione per quanto riguarda l’età del Ferro (VII-I sec. a.C.) testimoniata da alcune coppelle incise su diverse rocce.”
Nel cartello, viene anche ricordato come, non casualmente, nelle leggende locali il luogo è associato alle masche e agli spiriti del bosco, secondo una prassi consolidata in epoca medievale che incontriamo ovunque nel mondo cristianizzato.
Quello che sorprende ancora una volta è che un sito ufficialmente riconosciuto di queste proporzioni non sia stato mai oggetto di un'indagine approfondita e di scavi. Meno male che, a differenza di altri luoghi, le associazioni di volontari e i comuni hanno continuato a mantenere vivo e promuovere questo luogo fantastico.
Le uniche cose che dal 2006, anno del riconoscimento ufficiale, si sono avute da parte degli archeologi sono solo state delle generiche affermazioni sul fatto che non ci sono tracce di abitazioni e che molto probabilmente si trattava di un “nemeton” celtico o proto-celtico. Un sito di queste proporzioni non è comune in Italia e varrebbe certamente la pena spenderci un po’ più di attenzione e di soldi!
Tornando all'escursione... giunti a questo punto della gita… ad ognuno non rimane che iniziare ad aggirarsi stupito ed ammirato tra questi grandi massi, guardarne la forma e la disposizione e scovare le poche iscrizioni (non solo le solite croci scolpite con lo scopo di esorcizzare gli antichi simboli pagani, ma anche molto altro…) e le numerose coppelle.
È difficile farsi un’idea della disposizione
relativa tra i vari megaliti. Forse una visione dall’alto potrebbe servire.
Qua e là sembra di scorgere file di
quattro/cinque menhir, possibili recinti di pietre, menhir con una pietra piatta davanti (forse un altare?) e altre rocce con incisioni di difficile interpretazione e datazione (una con
l’impronta di una mano, ad esempio).
Spiccano tra tutti, anche perché il sentiero
vi passa proprio in mezzo, due possenti monoliti troncoconici alti più di
quattro metri che sembrano segnare l’ingresso di un qualcosa di importante.
Sono, infatti, stati posti accoppiati, ma ad una distanza tale da consentire un
passaggio, dunque, non è difficile pensare che dovessero essere una vera e
propria “porta” verso un’area sacra.
Poco prima, un grande masso reca scolpite
molte coppelle di dimensioni ragguardevoli che, forse, raccoglievano le offerte
rituali dei partecipanti alla cerimonia e segnavano il limite oltre al quale i
comuni mortali non potevano accedere, mentre i sacerdoti entravano solennemente
nel “nemeton” passando tra i due imponenti menhir.
Una visita davvero entusismante! Non ci resta che sperare che prima o poi la Soprintendenza compia delle indagini in loco.
La vista che si gode da quassù è mozzafiato e fa ben comprendere il motivo per cui questo luogo venne scelto dagli antichi abitanti. Grazie alla sua posizione dominante, al di sopra della zona boschiva, favoriva il controllo delle varie vie di comunicazione. Essendo “popolato” da quelle strane formazioni rocciose che sicuramente dovettero colpire la fantasia delle antiche tribù che qui si stanziarono, non poteva che essere un'area sacra.
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