La "Losa delle coppelle" di Avigliana
Roberto D'Amico
La bellissima pietra coppellata, nota come "Losa delle coppelle", è il reperto più antico di tutta l'area aviglianese.
Agli inizi degli anni '80, dopo essere stato segnalata dal dr. Luigi Fozzati, venne posto in custodia nella chiesa di Santa Maria Maggiore su iniziativa dell'Ente Parco Naturale dei Laghi di Avigliana.
Questa spessa lastra di pietra, del peso di circa 400 chilogrammi, venne casualmente scoperta più di 100 anni fa. Rovesciata, fungeva da ponticello a ridosso di un fossato presso la località Casaccia, al confine fra Trana e Avigliana.
Seguendo un trattamento analogo a quello subito da molte altre pietre "pagane", si presume che, in un passato più o meno lontano, essa sia stata espiantata dal terreno dove si trovava sul Monte Cuneo per poi essere gettata o trascinata lungo il pendio.
Ormai dimenticata da secoli, è stata poi utilizzata come una pietra qualunque e posta sopra quel fossato.
Non è forse casuale che la zona del suo ritrovamento sia proprio accanto alla torbiera di Trana, dove è nota la presenza di un insediamento palafitticolo del Neolitico, i cui abitanti potrebbero esserne stati gli artefici.
Così com'è altresì possibile che ad inciderla siano state, invece, le popolazioni celtiche che qui giunsero in seguito e che secondo la leggenda fondarono Avigliana.
Rocce coppellate sono, per altro, assai frequenti in tutte le Alpi. In Val di Susa, solo per citare alcuni esempi, sono note la "Pera d'le masche", la Pietra delle Streghe, di Vaie, la "Pera Crevolà", laroccia bucherellata, di Menolzio e quella situata proprio ai piedi dell'Arco di Augusto a Susa.
La bellissima pietra di Vaie è anche conosciuta come "Pera dle Faje", la Pietra delle Fate, ma non si pensi ad esseri benefici... sono figure sempre legate a reminiscenze di riti pagani e quindi si parla di donne furiose capaci di far ballare un malcapitato viandante fino a lasciarlo tramortito e ammutolito, e le coppelle sarebbero i segni lasciati dai tacchi delle loro scarpe o i loro bicchieri.
Lo stesso sperone roccioso su cui è costruito il castello di Avigliana presenta diversi affioramenti rocciosi, levigati e striati dall'azione dell'antico ghiacciaio, che si presentano in superficie come piccoli rilievi a forma di gobba. Anche su alcuni di loro sono stati trovati incavi circolari interpretati come incisioni rupestri, apparentemente rovinate da incisioni molto più recenti (d'altro canto il luogo ha subito molte trasformazioni nel corso dei secoli e molte azioni militari).
Già da questi pochi esempi possiamo notare come, nell'opera di dissacrazione delle antiche pietre pagane, sia ricorrente il tema delle streghe. I luoghi sacri primitivi, dove i nostri avi si riunivano per compiere le loro cerimonie, vennero trasformati agli occhi del popolo in aree infestate dal demonio e dai suoi seguaci. Non ci stupiremo, quindi, di scoprire che sul Monte Cuneo, non molto lontano e più o meno in corrispondenza lineare col luogo del ritrovamento della "Losa delle coppelle", esiste un pianoro denominato il "Bal d'le masche"...
La forma piatta del lastrone, caratteristica questa di molte altre rocce coppellate che solitamente stavano in radure o su piccole vette, permetteva presumibilmente di poterlo utilizzare come altare e forse anche di usarne le cavità scavate come piccole coppe.
Non sarà mai possibile risalire al reale motivo per cui i nostri antenati con un notevole dispendio di tempo ed energia decisero di eseguire queste incisioni. La mancanza di fonti scritte o anche solo di tradizioni tramandate oralmente non consente che di avanzare delle ipotesi. C'è chi ritiene che le coppelle fossero mappe topografiche, con l'indicazione di sorgenti, passi montani, luoghi di raduno stagionali, ecc...; altri riconoscono in loro rappresentazioni di costellazioni (per inciso, riportiamo a titolo di cronaca che qualcuno ha creduto di riconoscere sulla nostra "losa" quelle dell'Orsa Minore e dell'Orsa Maggiore). Un'altra interpretazione le vedrebbe come una sorta di ex-voto, un modo per testimoniare il pellegrinaggio al luogo sacro.
La maggior parte degli studiosi concordano, però, sul fatto che molto più probabilmente le coppelle fossero un'espressione sacro-rituale e che venissero usate durante riti magico-religiosi o cerimonie propiziatorie collegati ai culti della fecondità. Si pensa che duranti tali riti le coppelle potessero servire da piccoli contenitori ed essere riempite con il sangue delle eventuali vittime sacrificali o con offerte di acqua, latte, fuoco e persino di lacrime o sperma.
Tutte queste interpretazioni hanno la stessa validità e non è neppure da escludere che quelle enigmatiche cavità potessero avere un utilizzo e un significato diversi da luogo a luogo o racchiuderne più d'uno.
La "Losa delle coppelle" di Avigliana contiene venticinque incisioni non molto profonde a sezione emisferica, eseguite quindi con uno strumento in pietra; gli archeologi ritengono che possa risalire alla tarda Età del Bronzo, dunque ad almeno 3000 anni fa, ma potrebbe essere ancora più antica. Infatti, le coppelle sono molto più consunte rispetto a quelle di altre pietre rimaste nel loro posto originale. Ciò potrebbe essere dovuto tanto ad una maggiore usura, anche a causa del trattamento subito, quanto ad un'età più lontana nel tempo.
Osservandola con attenzione, ci si accorge che potrebbe addirittura essere solo una parte di un lastrone di roccia più grande, presentando su uno dei suoi lati evidenti segni di rottura, non certamente naturali.
Nell'interessantissimo saggio "La losa delle coppelle conservata nella Chiesa di Santa Maria Maggiore in Borgo Vecchio di Avigliana" pubblicato a cura del Centro Culturale Vita e Pace e della Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università degli Studi di Torino, Eleonora Piccinini scrive:
"I culti delle pietre col passare del tempo vennero vietati e talvolta, siccome erano profondamente radicati nelle menti degli uomini, venivano reinterpretati attraverso nuove leggende. Le popolazioni rurali consideravano i menhir e i dolmen "pietre del fulmine" cadute dal cielo durante le tempeste oppure vestigia di giganti, fate o eroi". "In virtù del fatto che i sassi furono adorati in quanto manifestazione di presenze divine, - continua la ricercatrice - la lotta fra l'idolatria e la fede non è che il risultato della confusione fra segno della presenza divina e incorporazione della divinità in un qualsiasi ricettacolo, un contrasto indi fra due teofanie. Fu allora che le antiche forme e gli oggetti sacri, una volta modificato il loro significato e il loro valore, furono adottati dalla nuova riforma religiosa. Ma la confusione fra segno e divinità si era aggravata negli ambienti popolari, e per eliminarne il pericolo, visto come una minaccia al nuovo assetto ideologico-politico, si distruggevano i segni o si trasformava radicalmente il loro significato. In conclusione, sia che proteggano i morti, sia che ricevano un carattere sacro dalla loro forma o dalla loro origine, sia che rappresentino teofanie o punti di intersezione delle zone cosmiche, le pietre traggono sempre il loro valore cultuale dalla presenza divina che le ha trasfigurate, dagli spiriti che vi si sono incarnati, o dal simbolismo che le inquadra. Le pietre sono quindi segni ed esprimono sempre una realtà trascendente".
Parole bellissime che condividiamo in toto.
Non possiamo che invitare il lettore ad andare a visitare la storica chiesa di Santa Maria Maggiore di Avigliana per poter ammirare da vicino questo messaggio scolpito nella pietra giunto da quel lontano passato che ci trasmette ancora tutta la forza spirituale degli uomini che lo realizzarono, pur non riuscendo più a tradurlo.
Commenti
Posta un commento