La “tonsura lunare” dei Martiri Bianchi di Britannia

Roberto D’Amico


                                   


I Culdees, i sacerdoti di quello che è noto come il “primitivo Cristianesimo celtico”, praticato in Irlanda, Scozia, Galles,Cornovaglia, Bretagna, si dice fossero, per impostazione culturale, i diretti eredi dei druidi, di cui perpetuarono conoscenza e sapienza.

I Culdees, anche soprannominati “Martiri Bianchi” perché, come gli antichi sacerdoti celti,  portavano simbolicamente vesti di lana bianca ad indicare la purezza della loro missione, osservavano pratiche di culto assai diverse da quelle “romane” del resto dell'Europa.

Le difficoltà nelle comunicazioni sorte dopo il crollo dell'Impero Romano d'Occidente aiutarono, per altro, l’isolamento delle chiese delle isole britanniche, rendendo inevitabile l’acuirsi delle differenze, che variavano da luogo a luogo, nell’interpretazione della dottrina, nelle pratiche religiose e nell'amministrazione delle diocesi.

L’espansione del Cristianesimo tra il IV e VI secolo in Britannia fu facilitata dalla fervente opera di alcuni capi locali che, diventando loro stessi monaci e sacerdoti, fondarono molte chiese ed abbazie per finire con l’essere santificati.

Seguendo la loro storia/leggenda, si può comprendere meglio quanto la chiesa celtica abbia ereditato dal suo passato precristiano e si può vedere quanto le tre branche dell’Ordine Druidico (i Druidi, sacerdoti e filosofi, i Bardi, letterati e poeti e gli Ovati che praticavano la poesia, l’arte divinatoria e la medicina) siano sopravvissute al suo interno.

Il primo capo britannico cristiano di cui si ha notizia dalle cronache dopo il ritiro delle legioni romane dalla Britannia, fu Dyfrig, personaggio semi-leggendario cui viene addirittura attribuita la celebrazione delle nozze di Re Artù e Ginevra. 

San Dyfrig (San Dubricio, come venne in seguito ricordato) fu maestro di San Illtud (Sant’Iltuto), fondatore della grande abbazia, scuola e seminario di Llanilltud awr, nel Galles Illtud, druido, per nascita, era in quei tempi considerato la persona più istruita della Britannia, esperto conoscitore della Bibbia, oltre che di matematica, grammatica, filosofia e retorica. Secondo una comune tradizione, a lui, così come ai sacerdoti druidi del suo rango, venivano attribuite doti profetiche.

La scuola di Illtud ebbe fra i suoi allievi i santi Pol Aurelian (Paolo Aureliano), Samson (Sansone), Gildas (Gilda) e Dewi (David), tutti grandi divulgatori della fede e fondatori di chiese, monasteri e abbazie in Britannia e in Bretagna.

Aurelian, figlio di un capoclan britanno, era considerato uno dei sette santi fondatori della Bretagna e, come per il suo maestro, anche di lui si diceva che fosse dotato del dono della profezia.

Samson, nato nella contea di Dyfed, era cugino primo di Illtud e pronipote del santo Re Tewdrig. Su di lui si narrano molti eventi straordinari, come la sua stupefacente capacità di apprendere, il fatto che per riposare gli bastasse appoggiare la testa al muro e che sopravvisse ad un potente veleno. Una leggenda, chiaramente simbolica, racconta di un leone, che a lui solo obbediva, che mise in fuga o uccise, durante tre epici scontri, tre dragoni che popolavano la Gallia del VI secolo.

Gildas, acquistò celebrità come studioso, al punto che venne chiamato "Gildas Sapiens", il Saggio.

Dewi, iglio di uno dei re di Ceredigion, divenne abate ancora giovanissimo, istituì una regola monastica assai austera e fondò un gran numero di chiese in Galles, Cornovaglia, Devon, Somerset, Dorset e Bretagna. La tradizione gli attribuisce vari miracoli, il più noto dei quali è quello che avvenne mentre predicava, attorniato da una grande folla. La gente era così numerosa che alcuni si lamentarono dicendo che non potevano né vederlo né sentirlo. Allora, in quel momento la terra su cui si trovava si sollevò formando una piccola collina, rendendolo visibile a tutti gli astanti.

Contemporaneo di Dewi, fu San Cadoc Ddoeth, il Saggio, anch’egli figlio di un re e discendente di San Keyne, l'eremita che aveva vissuto prima a Keynsham, nel Somerset, e più tardi in Cornovaglia, a Monte San Michele. Dopo essere stato istruito da Pol, Cadoc costruì diverse chiese in Cornovaglia ed in Bretagna; con Illtud, è uno dei tre cavalieri che si narrava fossero diventati i custodi del Santo Graal.

Secondo la tradizione la sua vita, sin dal matrimonio dei suoi genitori, si intreccia spesso con quella di Re Artù. Fu Re Artù, infatti, a fare da paciere tra suo padre, il Re Gwynllyw Farfog, e Re Brychan, cui Gwynllyw aveva rapito la figlia, Gwladys, divenuta poi sua madre. San Cadoc si trovò successivamente coinvolto nel conflitto tra lo stesso Re Artù, Re Maelgwn e Re Dremrudd.

Un fratello del re Gwynllyw fu San Petroc, che per quanto fosse stato istruito in Irlanda trascorse gran parte della sua vita in Cornovaglia, dove fondò alcune chiese; ne impiantò anche altre nel Devon e nel Somerset, ed è ricordato per aver convertito il re Costantino di Dumnonia. Insieme a San Piran è uno dei santi più noti della Cornovaglia.

Di lui si narra che giunse sino in India dove, in riva al mare, vide volteggiare sopra di lui un globo splendente che lo prelevò e trasportò in un’isola dove trascorse ben sette anni, dopo i quali lo stesso globo lo riportò sulla spiaggia dove lo aveva preso. La leggenda tramanda che un lupo custodì per tutti quegli anni il bastone e la pelle di pecora che lì aveva abbandonato.

In Cornovaglia si diffuse la sua fama di santità e molte altre leggende nacquero sul suo conto. Gli venne attribuita la guarigione di molti malati, di aver salvato la vita ad un cervo durante una caccia riuscendo a convertire i suoi cacciatori e, persino di aver ammansito un mostro locale e di aver medicato un drago che gli si era presentato con una scheggia in un occhio.

Tutti i fondatori della chiesa celtica erano associati in un modo o nell’altro alle primitive tradizioni, basti ricordare il modo in cui venivano associati a re Artù, al Santo Graal, a draghi o ad animali totemici, quali il lupo e il cervo, quando non direttamente alla classe sacerdotale druida e a particolari doti di saggezza e preveggenza.  

In quegli stessi secoli di grande fervore religioso, anche molti tra i più famosi santi irlandesi predicarono estesamente in Britannia. Basterà ricordare, tra tutti, Santa Brigida, chiamata anche Brigitta, Bryd, Bride, e San Columba si Iona, Chaluim Cille. All’inverso, San Patrick, originario della Scozia divenne invece "apostolo dell'Irlanda", a prova della stretta interazione tra le due isole.

Inutile dire che anche questi santi furono personaggi semi-leggendari ai quali vengono riconosciuti molti legami con i precedenti sacerdoti celtici.

Ad esempio, San Colombano, che proveniva dall’organizzazione degli Ovati, dei quali assunse sempre le difese ogni qualvolta se ne presentò l’occasione, non fondò certo casualmente il suo primo monastero proprio sull’isola di Iona, il più famoso luogo d’insegnamento druidico. Così come San Patrick non nominò a caso, come primo Vescovo d’Irlanda, Fiacco, che era stato discepolo di Dubtacco, capo degli Ovati dell’isola.

Molto di ciò che è noto di quei primi secoli è, come abbiamo visto, avvolto da un alone di leggenda. Vi possono, tuttavia, essere dettagli storici in grado di fornirci conferme di quanto il primitivo cristianesimo delle isole britanniche fosse stato influenzato dal preesistente druidismo.

È, a questo proposito, interessante e istruttivo, passare in rassegna le divergenze inizialmente citate tra la chiesa dei Culdees e quella di Roma, per comprendere come la succitata ipotesi prenda ancor maggior valore. Per far questo ci avvalliamo dell’elencazione che di quelle differenze venne redatta nel 664 d.C. durante il sinodo di Whitby, in Northumbria.

Il dibattito teologico partiva dalla stessa questione della centralità e preminenza su ogni altra corrente della Chiesa romana, che si riteneva tale in quanto fondata dall'apostolo Pietro. Il cristianesimo celtico non riconosceva tale supremazia; esso si basava, invece, sul principio che la fondazione della Chiesa fosse avvenuta direttamente per opera di Gesù e degli Apostoli da lui inviati a portare il Verbo in ogni parte del mondo e sosteneva che le comunità sorte nei diversi luoghi, pur mantenendosi fedeli ai dettami originali, si potessero sviluppare liberamente e indipendentemente.

Un'altra grave divergenza, che per molto tempo separò le due chiese, fu quella relativa alla data della Pasqua.

Sebbene la regola da usare per calcolare il giorno in cui essa dovesse ricadere ogni anno fosse stato elaborato sin dal 325 durante il Concilio di Nicea, i Culdess continuarono per molti secoli ancora a celebrare la Pasqua all'Equinozio di Promavera, anziché nella domenica successiva all’equinozio. Questo non può non essere letto che come una chiara dimostrazione della sopravvivenza del loro forte substrato druidico.

E per quanto essi furono costretti ad adeguarsi al nuovo metodo, la resistenza “passiva” nell’adattarsi ad esso è palese: esso venne applicato nell’Irlanda meridionale dal 632 in Irlanda, a seguito del concilio di Birr, dal 697, nel monastero di Iona dal 716 e in Galles solo  dal 768. In pratica, ci vollero ben 130 anni prima che tutti si assoggettassero al volere di Roma!

La stessa cosa accadde per tutti gli altri argomenti di discordia che ora andremo ad analizzare. A seguito di una serie di concili tenutisi nei cinque secoli successivi, l’ultimo dei quali fu quello di Cashell nel 1172, la chiesa celtica si conformò, infatti, lentamente ai dettami della Chiesa cattolica romana.

Un altro esempio del retaggio druidico è dato dal diverso metodo di tonsura, che solo ad una lettura superficiale, può sembrare un elemento secondario. Come è noto, la tonsura, il rito che precedeva il conferimento degli ordini sacri e indicava la consacrazione a Dio, consisteva, essenzialmente, nel taglio di parte dei capelli, come forma simbolica di rinuncia al mondo da parte dell'aspirante chierico. In origine aveva forme diverse, ma in generale, quella cattolica prevedeva il taglio dei capelli a corona, la cosiddetta “chierica”.

La Chiesa insegna che tale uso risale agli Apostoli; ne parlano Dionigi l'Areopagita, Agostino, Girolamo che narrano come Pietro ne introdusse l'uso per ricordare la corona di spine posta sul capo del Cristo.  Alcuni vi hanno invece scorto simboleggiata la dignità regale, spettante a coloro che sono chiamati al servizio del Signore mentre altri, infine, ritenevano che la figura circolare, la più perfetta di tutte, simboleggiasse la professione di vita che i chierici stavano assumendo.               

            

Ebbene, nel cristianesimo celtico la rasatura non prevedeva la tonsura a corona, bensì un taglio dei capelli sulla fronte, da un orecchio all'altro, lasciando fluire le chiome nella parte posteriore del capo. Tale consuetudine risaliva direttamente all’usanza druidica che intendeva in tal modo riprodurre la falce lunare. Dunque si tratta di un significato profondamente diverso da un punto di vista simbolico. 

La “tonsura lunare” è chiaramente visibile in tutte le raffigurazioni dei santi delle isole britanniche, qui vediamo, ad esempio, San Columba, San Dewi e San Piran, patrono di Cornovaglia.

Tra le altre consuetudini di certa derivazione druidica troviamo l’utilizzo della croca celtica, una croce sovrapposta ad un cerchio, derivata direttamente dal simbolo della Ruota Solare in uso presso le popolazioni pagane, e la celebrazione del battesimo quattro volte l'anno, secondo la suddivisione dell’antico calendario sacro.

Altre differenze evidenziate durante il sinodo di Whitby comprendevano, poi, una diversa concezione dell’autorità vescovile, che nella chiesa celtica era generalmente attribuita agli abati o alle badesse dei monasteri, che non necessariamente avevano l'ordine sacerdotale e altre materie di interpretazione della dottrina teologica sul cui contenuto ci asteniamo dal dare giudizi, anche se siamo convinti che anche in molte di queste, con un’analisi più approfondita, si potrebbero intravedere un’influenza delle precedenti dottrine.

Per completezza d’informazione, ricordiamo che, tra queste, vi era l'esenzione dalla macchia del peccato originale, che, secondo il cristianesimo celtico, non riguardava soltanto Gesù, Maria e San Giovanni Battista, ma anche altri personaggi, come ad esempio Giosuè.

Inoltre, fu proprio il cristianesimo celtico ad aver elaborato i concetti dell'Immacolata Concezione e dell'Assunzione di Maria, che divennero rispettivamente dogma della Chiesa Cattolica solamente nel 1854 e nel 1950. Per contro, la Chiesa celtica non riconosceva i martiri e rifiutava il concetto teologico espresso dal Sinodo di Cartagine del 418, secondo il quale i bambini morti senza battesimo erano destinati all'inferno e dovevano quindi essere sepolti in terreno non consacrato al pari di suicidi, criminali ed eretici.

Anche la confessione personale privata fu inventata dal cristianesimo celtico e rimase sconosciuta altrove fino al VI secolo.

 

Per un approfondimento consiglio la lettura di questo articolo:

L'astronomia dei monaci irlandesi, il monastero di Inishmurry, la collina di Tara, Adriano Gaspani (antiqui.it)

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